
MARCOS MARIN San Paolo, 1967
“Il nome di Marcos Marin, è conosciuto in Italia da una ristretta cerchia di appassionati, tuttavia non pochi turisti italiani si sono sicuramente imbattuti nella imponente Monalisa realizzata all’interno del Coconut Grove Convention Center di Miami o nelle due grandi tele realizzate per gli Aeroporti di Parigi o magari nel Monumento a Ranieri II, che occupa una delle principali piazze del Principato di Monaco …

MARCOS MARIN San Paolo, 1967
“Il nome di Marcos Marin, è conosciuto in Italia da una ristretta cerchia di appassionati, tuttavia non pochi turisti italiani si sono sicuramente imbattuti nella imponente Monalisa realizzata all'interno del Coconut Grove Convention Center di Miami o nelle due grandi tele realizzate per gli Aeroporti di Parigi o magari nel Monumento a Ranieri II, che occupa una delle principali piazze del Principato di Monaco e che è una delle tante opere realizzate da Marin per la Famiglia Reale di cui, in tempi recenti, è diventato uno dei ritrattisti ufficiali. Brasiliano, figlio di un uomo di cinema e di una cantante lirica, per lungo tempo Marin ha coltivato con successo due carriere parallele: quella d'artista e quella di concertista per pianoforte classico. Ha vissuto per circa cinque anni a Miami, un lungo soggiorno al quale deve la scoperta di una delle sue grandi passioni: l'arte ottica. Negli Stati Uniti Marin ha infatti avuto la possibilità di conoscere a fondo e frequentare i principali esponenti della Op Art, primo fra tutti Victor Vasarely. Dal 1990 vive in Francia, dove, nel 2006, ha conosciuto Pierre Cardin, un incontro che considera decisivo nella sua vicenda d'artista. Grande mecenate e collezionista, oltre che stilista di genio, Cardin sembra infatti riuscito nell'impresa di convincere il talentuoso sudamericano, perennemente in bilico tra musica ed arte figurativa, ad approfondire la sua ricerca sui fenomeni della percezione visiva. Di questa sua ricerca e delle opere che da essa scaturiscono Marin parla con grande semplicità: " Penso che l'aspetto più intrigante della mia opera sia l'effetto ottico, quasi magico presente nei miei ritratti". In verità però la natura della sua arte è assai meno lineare di quanto vorrebbe farci credere. In particolare, Marin sembra appartenere a quella categoria di artisti impegnati nell'ardua impresa di coniugare gli opposti. Le sue Marilyn, Audrey, Grace sono tutte giocate sul filo dell'ambiguità: osservate da vicino sono griglie geometriche perfettamente astratte, ma, se ci si allontana, esse rivelano la presenza di volti resi con precisione fotografica, anzi, cinematografica, dal momento che le astute illusioni ottiche inventate dal loro autore li rende mobili e vibranti. Marin rivela una spiccata predisposizione alla duplicità anche quando alterna la tecnica nuovissima del diasec su argento all'utilizzo del pennello su supporti antichi come la tela o il lino. L'ambizione di portare a convergenza mondi e visioni apparentemente intangibili sembra essere il vero motore della sua ricerca. Non si spiegherebbe altrimenti l'idea di realizzare ritratti figurativi utilizzando la metodologia di un'arte eminentemente astratta come quella optical, soprattutto quando è l'artista stesso a sottolineare che quel linguaggio scaturito da rigorose indagini scientifiche sulla percezione visiva gli appare il più idoneo a celebrare la sua visione umanistica della vita. Marcos Marin, moderno epigono della Op Art dei'60, torna a porre l'uomo al centro dell'opera d'arte: "Sento una specie di obbligo etico a realizzare i miei ritratti che spesse volte rappresentano il riconoscimento del talento e della genialità dell'uomo.